Intervista con la Prof.ssa Immacolata Pannone, Ministero degli Affari Esteri, Roma




Quando la scienza crea prosperità


Immacolata Pannone (MAE) alla regia di oltre 30 eventi per l’anno culturale italo-ungherese.


È difficile immaginare una persona più determinata di lei, e al tempo stesso più ottimista anche nelle peggiori tempeste. Eppure Immacolata Pannone è proprio così: una forza della natura al servizio della scienza. Non della scienza in generale, bensì di quella scienza che dà i frutti più tangibili perché al servizio di società e persone.
Immacolata Pannone, una laurea in filosofia con specializzazione in filosofia della scienza all’Università di Roma “La Sapienza”, ha in realtà una formazione eclettica. Appassionata di biologia e genetica così come di matematica e fisica, Immacolata Pannone ha anche una solida preparazione in economia e storia. Questo background si è rivelato fondamentale per l’attività al Ministero degli Affari Esteri (MAE), dove lavora dal 1991 e dove, oggi, riveste il ruolo di esperto per i rapporti internazionali multilaterali in materia di promozione della ricerca scientifica e innovazione, presso l’Unità per la Cooperazione Scientifica e Tecnologica.

Fuori dal MAE, Pannone è nel Board of Governors del Centro Internazionale di Ingegneria Genetica e Biotecnologie (ICGEB) e negli Steering Committees del Centro Internazionale di Fisica Teorica “Abdus Salam” (ICTP) e della TWAS (l’Accademia Mondiale delle Scienze), questi ultimi entrambi sotto l’egida dell’UNESCO, organismi situati a Trieste, con mandato di promozione scientifica soprattutto con i paesi in via di sviluppo ed emergenti.
Il ruolo di esperto scientifico del MAE, impegnato a valorizzare le eccellenze scientifiche nel mondo, ha portato Immacolata Pannone a operare a stretto contatto con sedi diplomatiche in Europa, in Mediterraneo, Medio Oriente e nel resto del mondo, dove – come lei stessa sottolinea – esistono realtà scientifiche di pregio che spesso non sono adeguatamente valorizzate.
Quest’anno, le sue energie sono state dirette anche all’organizzazione di oltre trenta eventi (a costo zero per il Ministero degli Affari Esteri), in occasione dell’Anno della cultura tra l’Italia e l’Ungheria. Molte delle attività sono state programmate con gli organismi internazionali del Polo di Trieste e, a seguire, con Università, Enti di ricerca e aziende, con grande interesse e partecipazione in entrambi i Paesi.
L’impegno ormai ultra ventennale sul piano internazionale di Immacolata Pannone quale science-scouting è stato riconosciuto da più parti. Nel 2009 è stata insignita della “Croce d’Oro al Merito” da parte del Presidente della Repubblica ungherese; ha ricevuto il Premio “Gianfranco Merli 2010” presso la Camera dei Deputati per il suo impegno nella salvaguardia dell’ambiente e, qualche settimana fa, il prestigioso “Special Lifetime Achievement Award” della TWAS/UNESCO, consegnatole a Buenos Aires nel corso di una cerimonia dedicata. Il prossimo 31 ottobre, in collaborazione con l’ICGEB e i partner magiari, Immacolata Pannone ha organizzato presso l’Istituto Italiano di Cultura un nuovo importante evento che ha per tema la bionica.

Professoressa Pannone perché un Anno della Cultura Italiana in Ungheria?


L’iniziativa nasce nel 2010, da un accordo di partenariato strategico avviato dall’allora Ministro Frattini e siglato con il suo omologo ungherese. È un’iniziativa importante che sottolinea gli eccellenti rapporti che i due paesi intrattengono su molti fronti, non ultima la scienza. Budapest, e in particolare l’Istituto Italiano di Cultura diretto dalla dott.ssa Gina Giannotti, hanno un ruolo chiave in questa iniziativa, un ruolo di coordinamento che investe l’intera area est europea, che dovrà iniziare a gravitare nell’area mediterranea e con essa interagire sempre più.

Quale tema affronterà il meeting del 31 ottobre?


Il meeting - co-organizzato da Marco Gilli, Rettore del Politecnico di Torino e da Tamás Roska, della Pázmány University di Budapest - presenterà una panoramica su tecnologie emergenti all’interfaccia fra le biotecnologie, le nanotecnologie e le tecnologie dell’informazione. In una parola, tratterà temi di bionica. Il Centro di Ingegneria Genetica e Biotecnologie (ICGEB) di Trieste parteciperà con il suo Direttore triestino Mauro Giacca, con Sandor Pongor, ungherese trasferitosi a Trieste da venti anni, esperto di proteine e bioinformatica e con Alessandro Marcello, esperto di virologia molecolare, per approfondire il tema della cooperazione internazionale nel settore delle biotecnologie.

Quali iniziative sono state realizzate nel 2013, grazie al suo personale interessamento?


Abbiamo organizzato oltre 30 eventi a costo zero per il MAE (per un impegno complessivo di circa 500mila Euro sostenuto dagli enti italiani partecipanti), ai quali hanno dato un significativo contributo molti istituti internazionali del Polo Scientifico di Trieste, ma anche enti di ricerca sia in Italia che in Ungheria, Università italiane come il Politecnico di Torino, quello delle Marche, il Polo Tecnologico di Desio e l’Università della Basilicata. L’offerta scientifica si è articolata su corsi di alta formazione, seminari, conferenze multidisciplinari, workshops, toccando temi quali telemedicina, energie rinnovabili, reti sanitarie integrate, scienza e diplomazia, spin-off per la valorizzazione della biodiversità, prevenzione dei tumori e salvaguardia della salute umana, astrofisica e rispetto dell’ambiente. Finora più di 600 ricercatori ungheresi e stranieri hanno partecipato agli eventi, contribuendo allo scambio di dati e informazioni e all’impegno di sottoscrivere, a breve, specifiche intese tematiche per lo sviluppo delle conoscenze e del know-how. E l’anno non è ancora finito!

Quali altri enti scientifici triestini hanno partecipato e con quali attività?


Oltre al già citato ICGEB, il Polo di Trieste - che ritengo un vero tesoro per il nostro Paese, da difendere e da promuovere nel mondo, per l’alta competenza e qualità innovativa nel fornire opportunità di ricerca e formazione, anche attraverso l’organizzazione di manifestazioni ed eventi, modelli di strategie e competitività internazionale. Le attività sono state davvero molte, tutte legate a una strategia di innovazione quale chiave per ottenere obiettivi economici e sociali per uno sviluppo sostenibile che guardi al medio-lungo termine.

Per esempio?


La TWAS/UNESCO con il suo direttore, Professor Romain Murenzi, ha organizzato nell’aprile scorso a Budapest una Tavola Rotonda su “Scienza e Diplomazia e sulla partecipazione delle donne alla ricerca”; il Segretariato IAMP/UNESCO (coordinato dalla dottoressa Lucilla Spini), ha tenuto un workshop, con il coinvolgimento della Rete mondiale delle Accademie mediche e scientifiche, sull’istruzione integrata e salute pubblica, ambientale e animale (“Integrated education in One Health - public health, animal health and environmental health”); il Centro di Fisica Teorica ha affrontato la tematica dei “Sistemi Complessi” nella sessione speciale dedicata alle collaborazioni tra Italia e Ungheria, tenutasi il 26 marzo scorso in occasione della 38° Conferenza della Cooperazione scientifica nei Paesi della Mitteleuropa. Ed ancora a Trieste, il corso di Bioinformatica dell'ICGEB, che per più di 20 anni è stato organizzato dallo scienziato ungherese Prof. Sándor Pongor, e che è uno dei corsi di bioinformatica più conosciuti in Europa, quest'anno è stato dedicato all'anno dello scambio culturale italo-ungherese.

Eccellenza a 360 gradi, insomma…


Non è soltanto la qualità delle risorse messe a disposizione a determinare uno sviluppo efficace. Il fattore chiave è il metodo seguito per la decisione: quanto più esso è efficace, tanto più è probabile che si generi un aumento di risorse soprattutto private. Questo è un aspetto, non trascurabile che i direttori dei centri internazionali triestini hanno adottato da alcuni anni, adoperandosi nell’attività di fundraising per ottimizzare la ripartizione delle spese fra le diverse attività.

Qual è il valore aggiunto dei vostri corsi e seminari, rispetto a iniziative analoghe?


Gli eventi organizzati per questo Anno della Cultura nei due Paesi hanno favorito il consolidamento di partnership già avviate e la creazione di nuove reti di collaborazione e scambio, anche nel settore economico e commerciale fra piccole e medie imprese in settori di punta quali le biotecnologie, l’agroalimentare, la telemedicina e reti ICTs.

Possiamo individuare ricadute positive dalle attività di quest’anno?

Oltre alle già citate collaborazioni bilaterali, l’Anno della Cultura servirà come volano certamente per il rinnovo del Protocollo di cooperazione scientifica e tecnologica, in scadenza, fra i due paesi.

La sua carriera è iniziata ben prima che il Polo triestino entrasse a regime. Perché ha deciso di dedicarsi a promuovere la scienza nei paesi in via di sviluppo e non?


Tutto nasce dalla mia partecipazione alla stesura di un progetto sperimentale nel 1988 per conto del Ministero dell’Istruzione per favorire gli scambi culturali fra giovani ricercatori nel mondo. Il tema da me prescelto (innovativo e premonitore, potrei dire) fu quello riguardante la salvaguardia ambientale nella Comunità Economica Europea, (CEE). Il mio progetto fu premiato alla RAI nel programma “I giovani incontrano l’Europa” e poi fu pubblicato sul Messaggero di Roma. Da qui, la spinta a chiedere il fuori ruolo dal MIUR per continuare il mio impegno al MAE (dove opero ininterrottamente dal 1991) nel settore della promozione della ricerca scientifica internazionale.

Qual è stato il primo incarico portato a termine per il MAE, di cui è particolarmente soddisfatta?


Il primo incarico risale al 1992, quando ho predisposto il testo del mio Protocollo bilaterale di cooperazione scientifico-tecnologica fra Italia e Ungheria. In quell’occasione, abbiamo inserito 20 progetti di scambi che hanno segnato l’inizio di un lungo legame di entrambe le comunità scientifiche, legame che ha prodotto concreti risultati.

Che posto occupa la ricerca scientifica nel cuore del MAE?


È un’attività strategica e di alta visibilità per il MAE, che promuove la ricerca sui tavoli internazionali mantenendosi sempre in stretto raccordo con il MIUR. L’Unità per la Cooperazione Scientifica e Tecnologica della Direzione Generale per il Sistema Paese, in cui svolgo il mio lavoro, ha ben presente le priorità dell’evoluzione scientifica e tecnologica e si adopera in tutti Fori per favorire soprattutto la cooperazione in paesi terzi, anche attraverso il superamento del digital divide.

Quali obiettivi ha centrato a Trieste, in questi anni di lavoro?


Più di uno, credo. Sono stata fra i promotori dell’accordo fra Italia e UNESCO, nel 1998, con il quale la TWAS/UNESCO e il Segretariato IAP hanno sancito la loro sede stabile a Trieste, ricevendo dal Governo italiano un contributo annuale obbligatorio per le spese di funzionamento e promozione delle proprie attività. Nel 2004 anche il Segretariato IAMP è stato spostato da Londra a Trieste, consentendo una migliore sinergia operativa del network globale delle accademie mediche nel mondo. Parimenti il MAE garantisce all’ICGEB, (che nasce come centro dell’UNIDO), un contributo annuale obbligatorio di oltre 10 milioni di Euro. Non poco, nel complesso.

Qualcuno potrebbe chiedersi se questi finanziamenti servono davvero.


Certo, perché promuovendo la ricerca nel mondo si investe in essa, favorendo la creazione di reti, la multidisciplinarietà e la multicompetenza (fattori vincenti per opportunità nella partecipazione anche di bandi di ricerca non solo dell’UE), per la pacificazione fra i popoli.

Che significa?


Significa che mettiamo a disposizione della comunità scientifica mondiale le nostre competenze e quelle dei nostri ricercatori: è nell’interesse del paese che i giovani ricercatori stranieri possano formarsi nei nostri istituti migliori. Non facciamo carità, perché una volta acquisite più competenze e conoscenze, costoro tornano in patria e contribuiscono al progresso del loro paese. Il trasferimento delle conoscenze promuove l’integrazione e lo sviluppo, favorendo la crescita comune, ma è anche uno dei veicoli per limitare la fuga dei cervelli e l'immigrazione clandestina.

Parte del suo lavoro consiste nel creare reti di ricercatori e contatti. Dev’essere impegnativo.


Lo è senz’altro. Alle spalle ho oltre venti anni di attività, di contatti costruiti nel tempo e mantenuti vivi da continui coinvolgimenti in attività internazionali. È un patrimonio di conoscenze che fornisce un ritorno non solo di immagine al Paese, ma anche in termini di stabilità internazionale, di buoni rapporti politici e di crescita sociale.

Cristina Serra.


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